Ieri ho chiesto su Twitter (e su Mastodon e su Instagram) questo
C'è una canzone di cui conosco solo i primi due versi, e mi son sempre chiesto come proseguisse.
Inizia cosìBrasil
mi g'ò l'usel che pesa un chilEcco, se qualcuno conoscesse il seguito, sarei contento.
— Trovatore in transito ???????? ???? (@matteozenatti) July 14, 2022
Le risposte sono state varie; cerco di essere esaustivo.
Brasil
A ghe na merda in al curtil
A g’ho n’usel c’al pesa an kil
Al par al manag d’an badil
troviamo subito i due temi chiave della versione: peso, durezza e qualità del pene e feci in cortile.
Brasil
l’è long al manic dal badil
a go’ l’usèl cà pesa un chil
s’al va par tèra al fa i scintil
si aggiunge la lunghezza del fallo e la sua capacità di scoccare scintille se sbattutto contro una superficie
me lustro el cazzo col vetril
versione di un solo verso, unica volta che appare simile concetto legato alla pulizia
Brasiiiiil,
l’è long al manic dal badil
a go’ l’usèl cà pesa un chil
s’al va par tèra al fa i scintil
brasil brasil
versione quasi simile a una precedente, con l’inserto della vocalizzazione su ‘Brasil’ e l’aggiunta del tema in fondo
che quando el ciava fa scintil
qui le scintille scoccano in caso di atto sessuale
Brasil
g’ho chi ‘n usel che pesa un chil
el tuca tera el fa i scintil
el par ul manic d’un badil
i versi si scambiano, la lingua presenta varianti di vocaboli
El par el maneg del baìl
Se el picia in tera el fa scintìl
anche qui i localismi determinano vocaboli alternativi
Se lo tocchi fa scintìl
Sembra u manicu d’u badil
Brasil
Brasil
le scintille provocate solo dal tocco, ancora localismi
Brasil, chi ga cagá nel me curtil
Chi ga cagá venga a pulir
Che ghe na spussa da murir
Brasil
qui appare una nuova strofa, l’argomento è quello relativo al deturpamento di uno spazio comune
El par un manic de badil,
ghe scrivi sü cun la pena a stil.
localismi e nuova immagine, pene come superficie di scrittura.
Brasil
tirarse merda col badil…
improvvisamente un’istanza coprofila
Brasil
mi g’o un tarel che pesa un chil
e quan che ‘l rusa el fa scintil
i localismi provocano l’utilizzo di sinonimi per lo stesso oggetto, ‘tarel’ per ‘usel’ (mantenendo comunque l’assetto rimico), ‘rusa’ per (ipoteticamente) ‘sbatte contro qualcosa’.
Brasil,
ho un pes de cas che pesa un chil,
che par el mannic d’un badil.
qui ‘usel’ diventa ‘pes de cas’, perdendo l’assonanza ma acquistando in forza evocativa, altri localismi.
Al par el maneg d’un badil
S’al sciafa en cul al s’fa sentir
e arriviamo anche alla versione più emiliana, con accento omoerotico.
Nessuno ha posto questioni riguardo la musica della canzone, evidentemente nota – nessuno quindi mi ha inviato un’immagine della notazione del pezzo, né una registrazione dello stesso. Mi chiedo, se fosse successo, se si fossero riscontrate ugualmente le piccole (o anche non così piccole ) differenze nella diverse versioni.
Passa qualche centinaio di anni e un gruppo di ricercatori scampati alle guerre termonucelari, o uno staff di scienziati alieni di passaggio, trova un disco fisso, rinvenuto tra i detriti delle esplosioni, che contiene il file dove ho collezionato queste versioni, e riesce a decrittarlo.
“Toh, guarda, secoli fa gli uomini avevano peni enormi e durissimi, tendevano a defecare in luoghi all’aperto, e amavano cantarne utilizzando come richiamo il nome di una nazione del sud di questo pianeta.”
E via con gli studi sui motivi che avrebbero portato a questo poema.
Non vedrebbero musica. Solo io, all’inizio, ho detto che si trattava di una ‘canzone’.
“Ecco, chiamavano le loro composizioni ‘canzone’ – chissà come le declamavano” immaginando un dicitore che recitasse quei versi davanti a un pubblico, o in esibizioni private, o come mantra silenzioso, chissà.
Ecco, quando cerco di cantare i trovatori, non mi trovo in condizioni molto diverse (o forse solo un po’ meglio).
Ho le varie versioni di una canso (molte erano chiamate così), nel mio caso chi me le riporta sono i codici, denominati per lettera alfabetica, abbiamo A, B, C, D, D E eccetera. Ogni versione può essere uguale, leggermente diversa (le varianti come sopra), con i versi scambiati, in alcune versioni ci sono strofe che non appaiono altrove, eccetera.
E poi la musica: molte volte non c’è, e quando c’è è scritta sommariamente, non c’è indicato il ritmo per esempio.
I trovatori conoscevano le loro canzoni, e attorno a loro le ricordavano; passano i secoli e perdiamo l’oralità. Il mio compito consiste nel cercare di ricostruire la loro opera dal punto di vista di quel che effettivamente si sarebbe ascoltato durante una loro esecuzione.
Perché, qual è la vera versione?
Qual è la vera versione di Brazil aviocentrato?
Nel caso dei trovatori, ognuno di loro avrà avuto in mente il pezzo, se lo sarà scritto, forse, ma non abbiamo gli originali, abbiamo codici che nel migliore di casi son stati scritti decenni dopo – e su diversi codici abbiamo diverse versioni, diverse parole, diverse sistemazioni di strofe.
I filologi fanno un lavoro pazzesco cercando di ricostruire l’originale, creando un’ipotetica edizione critica, che nei testimoni che ci sono arrivati non esiste.
Io però mi limito a prendere un codice e a cantare quella versione, è il massimo cui ambisco – portatore di una della varianti.
L’arte dei trovatori, nei secoli, non venendo continuamente cantata, si è persa.
Così come perderemo Brasil passando il tempo, se non viene continuamente cantato.
Proseguo nel mio lavoro di rimettere insieme i pezzetti delle opere trobadoriche – canticchiando ogni tanto Brasil, così non se ne perde memoria 🙂