Della Musica mondana – 1.6.4

IH - libro primo - capitolo sesto - 4

Molti ancora haueano opinione, che in questa vita ogni anima fusse vinta per la Musica; et che se bene era nel carcere corporeo rinchiusa, ricordandosi et essendo consapeuole della Musica del cielo; si domenticasse ogni dura et noiosa fatica.

Ma se ciò ne paresse strano, hauemo dell’harmonia del cielo il testimonio delle Sacre lettere, doue il Signore parla a Giobbe dicendo; Chi narrerà le ragioni o voci de Cieli? Et chi farà dormire il loro concento?

Et se mi fusse dimandato; onde proceda, che tanto grande et si dolce suono non sia vdito da noi; altro non saprei rispondere, che quello, che dice Cicerone nel luogo di sopra allegato; Che gli orecchi nostri ripieni di tanta harmonia sono sordi; si come per essempio auiene a gli habitatori di quei luoghi doue il Nilo da monti altissimi precipita, detti Catadupa; i quali per la grandezza del rimbombo mancano del senso dell’vdito. Ouero che si come l’ occhio nostro non può fissare lo sguardo nella luce del Sole, restando da i suoi raggi vinta la nostra luce; cosi gli orecchi nostri non possono capire la dolcezza dell’harmonia celeste, per l’ eccellenza et grandezza sua.

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